#QAR1 FEEDBACK: LA VOCE DELLA PROF. MILA ARBIA. LA DIDATTICA INNOVATIVA PARTE DA NOI DOCENTI.

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C’è un verso di Danilo Dolci che dice: “ciascuno cresce solo se sognato”. Ecco, chi di mestiere fa l’insegnante “per vocazione”, ovvero fa l’insegnante perché lo ha scelto, si porta dentro l’estro creativo del sognatore e in questa prospettiva guarda il mondo, osserva le persone, valuta le situazioni, immagina e in questo senso crea.

Può accadere che l’insegnante “per vocazione” si metta all’opera quando è a casa, quando è in vacanza, quando è sovrappensiero. Così capita che anche semplicemente guardando un film ci si ritrovi ad immaginare come lo guarderebbero i propri ragazzi, cosa potrebbe suscitare in loro. Così visitare una mostra non è solo un momento di arricchimento personale, ma un’occasione da cui trarre ispirazione per una lezione; e leggere un libro, fotocopiarne una pagina perché “così domani la leggo in classe e ci collego altre tre materie”. Ma non si ferma qui. Insegnare è anche altro. Insegnare è vivere pensando e agendo in funzione della scuola e dei ragazzi: è visitare un luogo e pensare: “qui ci organizzerei una gita fantastica”. Quello che io definisco “insegnante per vocazione” , è quel docente che non può fare a meno di chiamare la collega – che al Quarto Anno Liceale d’Eccellenza è una vero compagno di viaggio – e sottoporle l’ultima idea, l’ultimo progetto interdisciplinare e interattivo per poi concludere insieme: “facciamolo subito!”.

Sono tanti gli “insegnanti per vocazione”, ma spesso noi per primi fatichiamo a riconoscere noi stessi in questo ruolo e a riconoscere gli altri. È più facile sentirci soli e chiederci che fine abbiano fatto gli insegnanti che credono ciecamente nella scuola, quelli che vogliono fare la differenza nella crescita dei ragazzi. Ma le scuole ne sono piene, il mondo ne è pieno, ma gli anni, la fatica e la burocrazia del nostro lavoro ci narcotizzano e ci assopiscono, fino a spengere anche i migliori di noi.

Quante volte parlando tra insegnanti ci siamo ritrovati a dire: “ci vorrebbe il contesto giusto, dei colleghi disponibili, una scuola fatta di sinergie e collaborazione. Una scuola consapevole e in evoluzione, capace di andare incontro al futuro”. Ma la forza di volontà di alcuni, non basta a trasformare i desideri in realtà. Serve un sistema scuola diverso, in cui ogni singolo docente si impegni per fare la propria parte in sinergia e dialogo con tutti gli altri insegnamenti. Servono spazi, luoghi, strumenti e libertà per mettere a frutto questa parte di ingegno. Una scuola del futuro insomma: interconnessa fin nel midollo, prima che interconnessa grazie alla tecnologia 2.0.

Insegnare al Quarto Anno Liceale d’Eccellenza è stato esattamente questo. Nella scuolina di Rondine Cittadella della Pace ho potuto trovare un corpo insegnanti volenteroso e “illuminato”. Lavorare insieme ci ha permesso di dare vita ad un anno scolastico in cui i ragazzi fossero sempre al centro di ogni nostra attività. In accordo con tutta la didattica ministeriale e oltre al lavoro di classe. In un dialogo costante con gli insegnamenti pomeridiani del Percorso Ulisse, con i suoi approfondimenti, con le tematiche e con tutte le possibilità di interconnessione col mondo date ai ragazzi dall’esperienza maturata al fianco degli studenti della World House e dalla tecnologia dei tablet e della Lim in classe. Così si fa scuola a Rondine Cittadella della Pace, così abbiamo lavorato durante tutto l’anno scolastico 2016/2017, sempre immersi tra idee, progetti e percorsi condivisi. Una realtà feconda e ricca di stimoli e innovazione. A guardarlo da fuori il Quarto Anno Liceale d’Eccellenza può sembrare una classe di adolescenti in una piccola scuola fatta di sedie colorate. Non serve che io dica che è ben altro. È, a mio avviso, il modello di scuola più ricco ed efficace per la formazione degli studenti italiani. Non solo perché appese alle pareti della scuolina ci sono gli insegnamenti e le immagini di Ghandi, Martin Luther King e don Milani, ma perché è il luogo di formazione dove si riesce a conciliare tutto il meglio del vecchio modo di “fare scuola” con le novità di contenuto e metodo. Il tutto immerso nel borgo medioevale che ospita Rondine Cittadella della Pace e i suoi giovani provenienti da Paesi in conflitto tra loro.

Si forma la classe, si forma il singolo cittadino. Affiancare il normale iter curriculare di un quarto anno con un percorso formativo individuale che contempli l’introspezione personale, la prospettiva lavorativa e i grandi temi contemporanei è stata una sfida coraggiosa e felice, per insegnanti e studenti. Una sfida coraggiosa perché rivisitare il “già collaudato” richiede sempre un po’ di coraggio e forse anche di incoscienza. Significa mettersi in gioco su molti piani, cambiare didattica e ricominciare a studiare, significa sperimentare il nuovo rischiando di fare un fiasco, significa impostare in chiave diversa i rapporti con gli alunni cercando il giusto equilibrio che porti valore senza sottrarre autorevolezza. No, non è facile, non è scontato, non è un percorso privo di rischi, non c’è risultato assicurato e non c’è l’esperto a cui chiedere. Ma c’è la professionalità di anni di insegnamento, c’è l’entusiasmo di rimettersi in gioco, c’è la serietà e il desiderio di farlo bene. Per i ragazzi di oggi e per le generazioni di Rondinelle che verranno.

 

Mila Arbia
Docente di religione